Negli ultimi anni l'ecografia 3D è diventata sempre più popolare tra i futuri genitori. È senza dubbio un ottimo ricordo per molti anni a venire, ma la domanda è se può sostituire la classica ecografia in gravidanza? Scoprite se vale la pena fare un'ecografia 3D in gravidanza e qual è il momento migliore per sottoporsi a questo esame.
Ecografia 3D in gravidanza: di cosa si tratta?
L’ecografia 3D è un esame ecografico tridimensionale sempre più utilizzato negli studi ginecologici. Questo esame viene eseguito con lo stesso dispositivo e con le stesse modalità della classica ecografia 2D. Tuttavia, si ottiene un’immagine tridimensionale, ovvero si valutano lunghezza, larghezza e profondità. In base alle misurazioni effettuate, la telecamera fornisce l’aspetto della struttura in questione e il medico (e i genitori) possono osservarla da vicino.
Ecografia 3D in gravidanza: quando va fatta?
Il momento migliore per sottoporsi a un’ecografia 3D durante la gravidanza è intorno alla 20a settimana, ossia circa a metà della gravidanza. In questo periodo è più facile ottenere un’immagine del bambino. Più la gravidanza è avanzata e più il bambino è grande, più è difficile ottenere una buona immagine. Occorre inoltre tenere conto delle difficoltà tecniche, come la posizione scomoda del bambino nella cavità uterina o l’eccesso di grasso della gestante. Anche il volume del liquido amniotico influisce sulla qualità dell’immagine.
Ecografia 3D in gravidanza: ne vale la pena?
Per la maggior parte dei genitori, l’ecografia 3D è un’occasione per vedere il bambino “realisticamente” mentre è ancora nella cavità uterina. Spesso non riescono a vedere molto in un’immagine ecografica classica. L’ecografia 3D è anche un ottimo ricordo, soprattutto se il medico cattura un sorriso o una smorfia sul volto del bambino.
Secondo gli esperti, l’ecografia 3D non deve sostituire l’ecografia a cellule grigie, ma è un eccellente complemento all’esame classico. È particolarmente utile quando si sospetta che un bambino abbia una malformazione come una labiopalatoschisi o una polidattilia (numero anomalo di dita). L’ecografia 3D consente allo specialista di individuare le anomalie anatomiche in modo dettagliato perché l’immagine è più precisa rispetto all’ecografia classica.